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Il mistico e l’azione, secondo Bergson

 La mistica è un’esperienza, un sentimento concreto di identificazione con Dio o la divinità. La nozione di mistica allude secondo la sua etimologia, a « ciò che è relativo ai misteri » (mystikos), ai misteri di ordine divino che si possono sperimentare. Perciò la mistica è ordinariamente associata alla sola « estasi »: il mistico sarebbe soltanto quel individuo che viene rapito in una maniera molto intensa dall’esperienza del divino e sperimenta una perdita di sensibilità del proprio corpo.

Henri Bergson (1859-1941), nel suo libro Le due sorgenti della morale e della religione (1932), dà una interpretazhione originale della mistica e presenta questa estasi come un semplice momento che va superato. Il mistico non è solamente un estatico o un contemplativo: è anche, e essenzialmente, un uomo di azione. Il centro del misticismo è per Bergson l’azione, la creazione, la cui sorgente è Dio. E’ vero che il mistico bergsoniano sperimenta anche l' »estasi »: quando è in contatto con « la causa trascendente di ogni cosa » o « la sua delegazione terrestre », la sua anima percepisce « una immensità di gioia, estasi in cui si assorbe, o rapimento che subisce ». Ma il semplice estatico è « incompleto », agli occhi di Bergson. Sarà completo quando in più avrà superato il momento dell’estasi con un’azione determinata e concreta: « L’anima del grande mistico non si ferma all’estasi come se il viaggio fosse finito ». Del resto è così che possiamo distinguere i veri mistici dai malati che si pigliano per dei mistici: i falsi mistici, al contrario dei veri, non hanno « il gusto dell’azione, la facoltà di adattarsi e riadattarsi alle circostanze, la fermezza insieme alla flessibilità, il discernimento profetico del possibile e dell’impossibile, uno spirito di semplicità che trionfa delle complicazioni, infine un buon senso superiore ».

« Dio è presente » nell’anima mistica « e la gioia è senza limite »,  » è Dio che agisce attraverso essa, in essa: l’unione è totale e, per consequenza, definitava ». Questa gioia che caraterizza il vero mistico è senza dubbio molto « rara ». Il mistico è « l’oggetto di un favore eccezionale, benchè immeritato ». Bergson riconosce l’importanza dela grazia : non è attraverso uno sforzo meritevole che la coscienza coincide con Dio, e l’esperienza mistica non viene premiare uno sforzo spirituale. Dio concede la coincidenza con Lui in maniera del tutto immeritata. Vi è nell’intuizione mistica un movimento discendente da Dio verso l’uomo, e questo movimento discendente è grazia.

Ma se il mistico completo, oggetto immeritato della grazia divina, è passivo, come può egli essere un uomo di azione ? Ebbene, essendo unito a un Dio che è gioia, amore e energia creatrice, è per forza condotto ad agire nella gioia e l’amore per altrui. Così l’anima dei mistici riempiti di gioia è « tutt’insieme attiva e « agita »: sono « pazienti relativamente a Dio » perchè la loro anima si lascia penetrare da Dio, ma sono anche « agenti relativamente agli uomini », perchè sono uniti a Dio che è « energia creatrice » e creano così essi stessi delle forme e delle attitudini sociali nuove, come la fraternità umana, l’amore di ogni prossimo e « l’anima aperta ». Intensificando l’azione altrui, il mistico lo libera rompendo l’abitudine, l’automatismo sociale, il movimento circolare dell' »anima chiusa ». il « misticismo completo » è una « marcia in avanti », e non può avere per stato definitivo altro che un’azione ferma e gioiosa. S.E.

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