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La faccia materna di Dio?

 Dio, il “ Padre onnipotente “, si impone nelle Scritture; in questo c’è una conseguenza più o meno diretta delle situazioni rispettive dell’uomo e della donna nelle società patriarcali dell’epoca. Ora, è evidente che la donna, in mezzo a difficili lotte, mette sempre più in discussione la dominazione dell’uomo. Sicuramente ci si può aspettare, in un avvenire più o meno vicino, a degli sconvolgimenti del funzionamento delle nostre società, nei nostri modi di porre o di risolvere i problemi: politici, sociologici, etici. Potrà questa immagine di Dio Padre perdurare nella sua radicalità attuale? Si può ritenere possibile un trasferimento progressivo verso una rappresentazione materna di Dio? La constatazione è abbastanza chiara per spingere alcuni psicanalisti a riflettere in questo contesto nuovo sull’immagine del Padre, Maestro della legge, e quindi del Proibito. Il teologo non può restare indifferente a questa evoluzione. Tanto più che l’espressione La faccia di Dio, che attraversa le Scritture, ha molti sensi, sebbene questi si unifichino nella “ sola gloria di Dio “. Nessuno in questo mondo può contemplarla senza morire ( Genesi 32,30; Salmi 27,8 ). Ma Paolo preciserà in 2 Corinzi 4,6 che Dio “ risplende nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della sua gloria che rifulge nel volto di Gesù Cristo “.

In effetti, percorrendo le Scritture, si trovano qua e là dei comportamenti o addirittura delle affermazioni di Dio che non rinviano solamente al Padre, ma alla Madre, e alla Donna: dolcezza, tenerezza, consolazione, ascolto, rifugio etc. ; stessa cosa per i vangeli e le epistole. Il problema della faccia materna di Dio rimanda quindi alla posizione della Donna che converrebbe liberare da tutti gli abituali discorsi pacificanti o idilliaci. Ma non dimentichiamo che Dio Padre è anche un Dio geloso ( Esodo 20,5; Deuteronomio 5,9; 2 Corinzi 11,2 ). Può odiare ( Geremia 12,8 ); “ Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù. “ ( Malachia 1,3 e Romani 9,13 ) L’uomo può odiare, ma nella donna, la sposa o la madre, l’odio è sovente più tenace, più profondo e più nascosto; un odio distruttore, nel conflitto che si svolge tra il desiderio di amare, di donare, di proteggere e le pulsioni che la spingono a distruggere colui o colei che ha rapito l’oggetto del suo amore. La relazione della madre con il figlio non è la stessa cosa della relazione della madre con la figlia. Tutti conosciamo la madre abusante e possessiva che pretende di imporsi nel matrimonio e nelle storie d’amore del figlio. Le conseguenze sono talora drammatiche. Per quanto riguarda la figlia, non dimentichiamo che condivide con sua madre un destino comune: la maternità. Non è nemmeno raro constatare “ che una donna può scivolare nell’essere un clone di sua madre senza nemmeno percepirlo “, scrive Aldo Naouri, pediatra e specialista di strutture familiari. Questa proiezione continua della madre sulla figlia ha come effetto quello di spezzare una vita. La madre appare qui come onnipotente nell’illusione di una maternità che non avrebbe termine, la quale può essere nell’ordine dello spirituale. La relazione di sant’Agostino con la madre Monica è, da questo punto di vista, esemplare. La donna, confidava Freud, è un mistero per la psicanalisi. Non sarà anche un mistero per se stessa? L’uomo e la donna restano attaccati alla madre; non hanno forse “ vissuto “ le loro rispettive mamme prima di “ vivere “ nel mondo? Questo legame più o meno resistente, questo nodo più o meno dimenticato, può spuntare fuori in occasione di una fase critica dell’esistenza: sofferenze insopportabili, vicinanza della morte; ed è il grido dell’infanzia: Mamma ! Tutto questo spiega perché l’uomo e la donna ricercano quasi a loro insaputa la Madre nella faccia stessa di Dio.

Allora come non evocare qui la Vergine Maria che occupa un posto privilegiato nella cristianità e anche nell’Islam; la Sura XIX del Corano porta il suo nome: Meriem; nella Sura III, al versetto 42, si legge: “ O Maria ! Dio in verità ti ha scelta, ti ha purificata; ti ha scelta di preferenza a tutte le

donne del mondo. “ Nel cristianesimo, Maria è stata spesso compresa come la madre-rifugio, la madre protettrice, la madre di un’infanzia infine ritrovata, dell’amore incondizionato; nostalgia di un paradiso perduto, ma anche la Mater dolorosa ai piedi della croce. Quanto a Calvino, scandalizzato dalla posizione attribuita a Maria dalla Chiesa Romana, non poteva sopportare questo sfregio alla gloria divina. Man mano che Roma proclamava i dogmi dell’Immacolata concezione, della Verginità perpetua, dell’Assunzione, veniva confortata la credenza nel suo supposto ruolo di corredentrice e Madre di Dio; Maria è stata deificata. D’altra parte, il culto mariano è stato rapidamente concepito come un’arma efficace per strumentalizzare i fedeli, per riprendere in mano le masse popolari raggiunte dal dubbio. Le “ apparizioni “ di Maria in alcuni luoghi privilegiati, i pellegrinaggi che mettono in moto le folle rinviano invariabilmente alla Madre sempre vergine e all’interceditrice che ottiene tutto dal Figlio.

Bisogna quindi fare di Maria una semplice “ Madre portatrice “? Questo sarebbe, a mio avviso, più che un errore. Calvino, nel suo sesto sermone su Luca 1,26-30 assicura che “ Maria ha insegnato agli Apostoli; che ella non solo ha portato Gesù Cristo, quanto alla sua natura umana, nel ventre, ma anche nel cuore “ e che per noi deve essere come per gli Apostoli una “ Maestra “ che ci insegna l’obbedienza e l’umiltà. Credo anche che se Maria ci chiede qualcosa, è di amare suo figlio come essa stessa lo ha amato. Ma Maria resta un mistero. Quante volte ho ricevuto in risposta alle mie domande la frase: “ Per capire, bisogna avere avuto a che fare con lei. “ Che dire? Nulla, queste parole vanno solo rispettate.

Come ha detto Ylia Prigogine, Premio Nobel per la chimica: “ Stiamo assistendo all’emergere di una scienza che non è più limitata a delle situazioni semplificate…È la fine delle certezze. “ Che ne sarà del lato paterno di Dio? E delle certezze del Dogma?

Camille Jean Izard

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