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I cristiani in Pakistan

 Lo scorso ottobre Le Monde ha pubblicato un dossier su quei “Pakistani che pregano Gesù”: “Vero capro espiatorio di una frustrazione proporzionata alle difficoltà economiche e sociali che conosce questo paese, la comunità cristiana pakistana vive attualmente nella paura, spesso giustificata dagli assassini di cui sono bersaglio i suoi membri.” I cristiani sono 2,5 milioni su una popolazione di circa 180 milioni. Per proteggersi vivono in gruppo, talvolta dentro quartieri stile “ghetto” circondati da alte mura, dove le porte si chiudono quando cala la notte, come ai tempi dei ghetti ebraici di sinistra memoria, per evitare gli attacchi degli islamisti radicali. “La situazione è simile a Karachi, la capitale economica, ma l’ostilità più forte contro i cristiani si avverte in Punjab, provincia alla frontiera con l’India, dove questa minoranza è vittima di discriminazioni e ridotta a esercitare i mestieri più duri. La situazione della minoranza cristiana sembra essersi aggravata senza che le autorità centrali, indebolite, forniscano un reale sostegno”, note Le Monde.

Si arriva così, il 4 gennaio 2011, all’uccisione del governatore del Punjab, Salman Taseer, assassinato da una delle sue guardie del corpo. Musulmano liberale, ha pagato con la vita il suo sostegno all’abolizione della legge sulla blasfemia, una di quelle leggi fortemente discriminatorie che colpiscono le minoranze religiose pakistane, tra cui un buon numero di cristiani ma anche gli hindu, i sikh, i baha’ì, gli ahmadi e i parsi. La guardia del corpo è stata acclamata con un “eroe dell’islam” dagli islamisti…

Due mesi più tardi, l’assassinio del cattolico Shabbaz Batthi, unico ministro cristiano del governo, con competenza sulle minoranze religiose. Difendeva pubblicamente Asia Bibi, una giovane donna cattolica pakistana madre di cinque figli, in prigione da più di due anni in isolamento completo e condannata all’impiccagione per la falsa accusa di blasfemia contro il Corano e il Profeta. Il ministro aveva, come governatore del Punjab, portato avanti una campagna per l’abolizione della legge sulla blasfemia che criminalizza ogni opinione non conforme o che si suppone ingiuriosa contro Maometto, il Corano o l’Islam e che può essere utilizzata o sfruttata contro un avversario, cristiano o altro, per regolare una lite, impadronirsi di un bene agognato, facendolo arrestare o obbligandolo a fuggire dalla regione.

L’assassinio di un governatore, poi di un ministro. Tuttavia, le minacce di morte da parte degli islamisti radicali non hanno impedito al giudice pakistano Syed Pervez Ali Shah, della Corte per la sicurezza dello Stato, di pronunciare una condanna a morte contro Malik Muhammad Mumtaz Qadri, il poliziotto, guardia del corpo e assassino del governatore del Punjab Salman Taseer.La sentenza ha provocato la collera degli avvocati che hanno violentemente manifestato, spaccando i vetri dell’edificio dove ha sede il tribunale antiterrorismo ed esigendo il trasferimento immediato del giudice, che da allora è di fatto assente. Il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, in visita in Pakistan poco tempo dopo, ha fatto pressione sulle autorità pakistane perché assicurino la protezione delle minoranze religiose e prendano delle misure contro l’intolleranza religiosa: “Il governo pakistano non dovrebbe ignorare la cultura della violenza che si manifesta attraverso l’utilizzo abusivo della legge sulla blasfemia che aizza gli odi comunitari, l’intolleranza e la persecuzione e possono colpire chiunque in questo paese, e in particolare le minoranze religiose” ha dichiarato durante una conferenza stampa. I responsabili delle chiese in Pakistan denunciano l’atmosfera di insicurezza nella quale vivono: “L’esistenza dei cristiani non è mai stata così minacciata, e si è aggravata in questi ultimi anni” dicono.

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