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Uno sguardo sul mondo : Musulmani e cristiani in Nigeria

Il vescovo anglicano di Durham, rientrato dalla Nigeria (ex colonia britannica) è pessimista sulla situazione del cristianesimo nel nord del Paese a grande maggioranza musulmana: “Lì la Chiesa viene sistematicamente eliminata” dice. L’arcivescovo di Canterbury, primate della comunione anglicana, ha lanciato un grido d’allarme: “La situazione in Nigeria non è solamente un conflitto interreligioso, ma minaccia la società intera di disintegrazione.”

Boko Haram, il gruppo islamista legato ad al-Qaida, è all’origine delle azioni terroristiche contro i cristiani, in modo particolare durante le messe di Natale. Il nome Boko Haram significa, nella lingua hausa parlata nel nord della Nigeria, “cultura occidentale peccatrice”. I suoi attacchi sono diretti non solo contro le chiese e i cristiani ma anche contro gli edifici delle Nazioni Unite, le banche, gli uffici postali, i commissariati di polizia.

Un altro punto di vista, diverso, è quello di Marc-Antoine Pérouse de Montclos, specialista dei conflitti dell’Africa subsahariana, che scriveva sul sito di Le Monde (www.lemonde.fr):

“Il catastrofismo non è accettabile: i disordini di queste ultime settimane, che hanno fatto decine di morti, non hanno paragoni con i pogrom del 1966. Il Paese sta conoscendo infatti un ribasso tendenziale della mortalità violenta.

Inoltre, gli spostamenti di popolazione sono per il momento limitati alle regioni del nord-est in cui è attiva Boko Haram. Riguardano decine di migliaia di abitanti, non dei milioni, e non si sviluppano su base confessionale.

Nello Stato di Yobe cristiani e musulmani fuggono insieme dalle zone di combattimento. I musulmani costituiscono la maggioranza, è bene quindi sottolineare che essi costituiscono le prime vittime collaterali delle lotte tra islamisti e forze di sicurezza.”

Del resto, l’immensa maggioranza dei musulmani del Paese non aderisce ai discorsi estremisti di Boko Haram. Non si augura una secessione, che la priverebbe delle risorse economiche e petrolifere del sud (cristiano), molto più ricco del nord (musulmano).

In un altro articolo, Marc-Antoine Pérouse de Montclos notava che “la sharia non è stata “introdotta” dagli Stati musulmani del nord” ma esisteva già in forma attenuata, limitata agli affari civili, e che il suo campo di applicazione è stato esteso all’ambito penale.

Lo sviluppo di una morale pubblica rigorista ha evidentemente influenzato la vita quotidiana delle minoranze cristiane del nord, per esempio proibendo il consumo di alcool o imponendo la separazione dei sessi nel trasporto pubblico.

Ma le condanne alla lapidazione per adulterio sono rarissime e nessuna è stata applicata.

I querelanti e i querelati cristiani del nord non sono giuridicamente costretti a sottomettersi alla legge coranica ma rimangono legati ai tribunali di diritto comune.

Se alcuni commercianti cristiani del nord decidono in piena autonomia di ricorrere alla giustizia islamica è perché quest’ultima ha la reputazione di essere meno onerosa e più rapida.

Il Consiglio delle Province Anglicane d’Africa, che ha riunito all’inizio di febbraio i leader anglicani in Africa, ha lanciato un appello pieno d’angoscia ai leader musulmani per chiedere loro di unirsi alla lotta contro “la tragica violenza che distrugge le nostre comunità”.

Ci si domanda anche “se la violenza attuale è ispirata dall’intolleranza religiosa dei nostri fratelli di religione diversa con i quali abbiamo vissuto per generazioni, in alcuni casi per secoli, o se, nei fatti, è il risultato dello sfruttamento dell’ignoranza e delle credenze religiose per uno scopo politico.”

I giorni, le settimane, i mesi passano, dopo i massacri di Natale sono seguiti quelli di Pasqua, e la Nigeria è quasi quotidianamente presente nell’attualità. Con la domanda che sempre più ci si pone: il Paese si dirige verso una guerra civile?

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