Accueil / Traductions / Italiano / Meditazione su un frammento ermetico

Meditazione su un frammento ermetico

Il vangelo di Tommaso, scoperto nel 1945 nel villaggio egiziano di Nag Hammadi, costituisce un caso particolare della letteratura extracanonica. Questa vangelo è il testimone di una originale corrente di pensiero del cristianesimo primitivo, interamente imperniata su una comprensione sapienziale dell’insegnamento di Gesù. Si presenta come una collezione di parole del maestro e non contiene alcun elemento narrativo, come per esempio le guarigioni o la passione. Molto probabilmente contiene delle parole inedite del Gesù storico che il Nuovo testamento ignora. Questo forse è il caso della parabola della giara vuota, che riportiamo: “Gesù disse, « Il regno è come una donna che portava una giara piena di farina. Mentre camminava per una lunga strada, il manico della giara si ruppe e la farina le si sparse dietro sulla strada. Lei non lo sapeva; non si era accorta di nulla. Quando raggiunse la sua casa, posò la giara e scoprì che era vuota. »” (Logion 97)Una parabola discordanteQuello che salta agli occhi è la differenza con le parabole a noi famigliari. Per parlare di Dio e della sua azione misteriosa Gesù ha moltiplicato i paragoni. Il Regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato un buon seme nel suo campo, a un granello di senapa, a del lievito in tre misure di farina, a un tesoro nascosto, a un uomo che ha trovato una perla di gran prezzo, a una rete gettata in mare che raccoglie ogni sorta di pesci, e così via. Questi paragoni ben noti ruotano attorno ai concetti di pienezza, di dinamismo positivo e di crescita spirituale. Traggono la loro linfa dal messianismo giudaico e ne condividono l’ottimismo.

Il logion 97 sviluppa l’idea esattamente opposta. Si tratta di una giara di farina che una donna crede di possedere ma che lungo il cammino va perduta. Alla fine la giara è vuota e la donna scopre di non possedere alcunché della realtà divina. Questo paragone ruota attorno al concetto di vuoto, di vacuità.
Gesù, maestro di dialetticaSarebbe vano opporre l’una all’altra le due prospettive, quella canonica e quella eretica. Piuttosto vengono suggeriti due possibili atteggiamenti di fronte a Dio, in tensione l’uno con l’altro, in una dialettica tra il pieno e il vuoto che appartiene alla vita di fede. La pienezza della fede è l’energia spirituale, un semplice piccolo granello della quale permette, secondo Gesù, di spostare le montagne. È una forza interiore grazie alla quale possiamo superare ogni sorta di ostacolo. Tale forza ci dà un’alta idea di noi stessi. Siamo figli di Dio e operai assieme a Lui: operiamo per aumentare la Sua luce in questo mondo, per aggiungere a questa terra il sale che le manca e, finalmente, per terminare la creazione, poiché Dio, al settimo giorno, si è ritirato lasciando all’uomo le chiavi del mondo.

Così intesa, la pienezza della fede presuppone un Dio di fronte al quale dobbiamo preservare un’immagine positiva delle nostre competenze e delle nostre capacità. Questo Dio stimola il nostro amor proprio e ci chiede di essere all’altezza, in qualche modo esige degli eroi della fede. Un bellissimo ideale, una delle fonti dell’anima occidentale.

Al tempo stesso però si profila una difficoltà. Questo Dio ci spinge alla ricerca della perfezione, all’inseguimento della santità; il santo è per eccellenza la figura cristiana dell’eroe. Potremmo ritrovarci così velocemente ingabbiati nel culto dello sforzo, della volontà e del superamento di sé, il che alla lunga ci schiaccerebbe. Nei vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) se Gesù ammira la pienezza di fede di certe persone, spesso deplora la mancanza di fede in particolare dei discepoli… Se parliamo di pieno, parliamo simmetricamente di vuoto, cosa che non doveva sfuggire allo spirito dialettico del Gesù insegnante. Ecco quindi che la storiella della giara vuota acquista tutto il suo senso.
Meditare il vuoto…Cosa succede quando siamo rinviati alla nostra vacuità? Quando le montagne non si spostano? Quando gli ostacoli non vengono superati? Quando la nostra forza interiore si rivela insufficiente? Quando siamo degli operai inutili? Quando la luce non aumenta e il sale perde il suo sapore? Quando non riusciamo ad essere né eroi né santi? Quando il Regno di Dio evapora? Il vangelo di Tommaso ci mette di fronte alla realtà inevitabile della sconfitta spirituale.

Cosa fare quando abbiamo la sensazione, come questa donna, di non aver saputo lavorare come si deve (“Non si era accorta di nulla”) perché in fin dei conti la nostra vita interiore si rivela vuota? Prima di tutto questo. L’esperienza della vacuità appartiene al ritmo proprio della fede. È un altro momento della rivelazione di Dio, proprio come il suo silenzio è un’altra maniera di parlarci. Non è il solo momento o la sola maniera, è un momento. Non è naturale, anzi è piuttosto contrario al nostro modo di pensare. Il logion precisa: “Lei non lo sapeva…”. In effetti, la maggior parte delle volte noi non sappiamo: ciò che crediamo pieno può rivelarsi vuoto… Ne deriva che la fede può essere pensata con immagini diverse da quelle di ampliamento, di crescita o di accumulazione di energia. La fede designa in questo modo quel punto di vuoto in noi, certamente angosciante ma grazie al quale possiamo ricevere qualcosa.
Due esempi bibliciIl primo è quello della manna nel deserto. La manna è il nutrimento ricevuto dall’alto che permetterà ai figli d’Israele di continuare la loro marcia giorno dopo giorno, passo dopo passo. Ma sono avvisati che non avranno la libertà di farne provvista. “Chi ne aveva raccolto molto non ne ebbe in eccesso; e chi ne aveva raccolto poco non gliene mancava” (Esodo 16:18). L’accumulo e la tesaurizzazione della manna sono impossibili.

L’altro esempio è quello di Maria. La sua verginità ha un’evidente dimensione simbolica. Maria è vergine nel senso che non porta nulla di se stessa, è una figura della vacuità in attesa di qualcosa che potrà prodursi. L’umiltà di Maria designa un’attesa vuota che Dio può arrivare a colmare. Se il vuoto è una mancanza, esso designa però anche un posto vacante.
Il battito della fede Torniamo al ritmo. La nostra fede conosce tanto di momenti di energia creativa, di vitalità comunicativa e di volontà trionfante quanto dei momenti di passaggi a vuoto, è il caso di dire. Quei momenti non sono nulla, sono vuoti e il vuoto non è il nulla. Quei momenti ci invitano all’ascolto e all’attesa, come i figli di Israele nel deserto o come Maria, questa ragazza di appena quindici anni. Così, al centro dell’esistenza cristiana scopriamo una pratica della vacuità: senza dubbio una prova per noi che siamo programmati per accumulare, aumentare e far crescere. È una prova per la Chiesa, che bizzarramente pensa sempre di potersi salvare con i propri mezzi mentre dovrebbe predicare il contrario. Ma tale prova è una iniziazione al Regno di Dio.

Il vangelo di Tommaso attira la nostra attenzione su questo saggio atteggiamento che consiste nell’aspettarsi di ricevere ciò che non si ha. Non ti preoccupare di dare se non hai niente da dare, aspettati piuttosto di ricevere. Tu devi ricevere la sola cosa che conta veramente, la presenza di Dio nel vuoto della tua vita. Allora accetta quel vuoto che è la parte che Dio si riserva in te. “Tutto è possibile, persino Dio” ha detto profondamente Ernest Renan.

Don

Pour faire un don, suivez ce lien

À propos Évangile et liberté

.Evangile-et-liberte@evangile-et-liberte.net'

Laisser un commentaire

Ce site utilise Akismet pour réduire les indésirables. En savoir plus sur la façon dont les données de vos commentaires sont traitées.

En savoir plus sur Évangile et Liberté

Abonnez-vous pour poursuivre la lecture et avoir accès à l’ensemble des archives.

Continuer la lecture