Persistono le tensioni razziali negli Stati Uniti, se vogliamo credere al numero di Neri uccisi da poliziotti bianchi. Eppure, fatto molto confortante, alcuni si impegnano nel riavvicinamento! Le proposte di Michael Clifford (pastore dell’American Baptist Church in Florida) citate in questo articolo sono tratte dagli scambi epistolari con Abigaïl Bassac.
Di Abigaïl Bassac
Traduzione di Giacomo Tessaro
Tratto da Évangile et Liberté n° 290, giugno-luglio 2015
La morte di Eric Garner e Michael Brown, due uomini neri uccisi dalla polizia a Staten Island (New York) e Ferguson (Missouri) nell’estate del 2014 e l’indignazione a cui hanno dato luogo, mostrano come al giorno d’oggi negli Stati Uniti sussistano ancora tensioni tra Bianchi e Neri. Un movimento di protesta fondato in estate aveva come slogan “Black lives matter” (Le vite nere contano). Ma non è una cosa evidente? C’è ancora bisogno, più di quarant’anni dopo la lotta per i diritti civili, di proclamare che le vite nere contano tanto quanto le vite bianche? Evidentemente sì. Le disuguaglianze sono sempre presenti. Un sito investigativo fondato da un ex dirigente del Wall Street Journal ha studiato i casi di giovani uccisi dalla polizia: il risultato di questa analisi è che un giovane nero corre un rischio ventun volte maggiore di essere ucciso dalla polizia rispetto a un giovane bianco.
È in questa America agitata dell’estate 2014 che due parrocchie della Florida hanno deciso di fondersi. La particolarità di questa fusione è che una delle due parrocchie è composta in maggioranza da membri neri e l’altra da membri bianchi. La parrocchia Shiloh Metropolitan Baptist Church contava l’estate scorsa un pastore predicatore, H. B. Charles Jr, coadiuvato da otto pastori per un totale di circa 8.000 membri, in maggioranza neri. La parrocchia Ridgewood Baptist Church di Orange Park contava invece un solo pastore, Michael Clifford, per un totale di circa duecento membri, in maggioranza bianchi. Shiloh Metropolitan era in piena espansione e cercava un nuovo luogo di culto; Ridgewood invece stava affrontando delle gravi difficoltà finanziarie. Quando Clifford arrivò nella parrocchia nel 2012, su di essa gravava un prestito bancario di 5,7 milioni di euro. Le offerte non erano sufficienti per far fronte alle scadenze. Nel gennaio 2014 la banca impose delle nuove condizioni per il rimborso e Ridgewood si rese conto che avrebbe dovuto fondersi con un’altra parrocchia per risolvere i suoi problemi finanziari. Clifford contattò allora il responsabile del locale network di parrocchie battiste, il quale lo informò che Shiloh Metropolitan, i cui parrocchiani erano in maggioranza neri, cercava un nuovo luogo di culto. Clifford rispose che il colore della loro pelle non aveva nessuna importanza per lui. Il responsabile del network organizzò così un incontro tra i pastori Charles Jr e Clifford, che fino ad allora non avevano mai sentito parlare l’uno dell’altro. I due ritennero che la fusione delle loro parrocchie fosse un modo eccellente di risolvere i rispettivi problemi. Venne così il momento in cui bisognò convincere i fedeli. La votazione finale organizzata a Ridgewood approvò la fusione con il 87%; molti timori vennero superati per arrivare a un tale risultato.
Clifford si descrive come un uomo dallo spirito avventuroso, che fugge la routine e ama l’ignoto. Dice di avere avuto delle conversazioni “sincere” con alcuni parrocchiani che erano invece “inquieti di fronte all’ignoto” e avevano “idee false”: temevano che i nuovi arrivati “prendessero il comando”. Clifford afferma che, per convincere i suoi fedeli ad aderire al progetto di fusione, ha dovuto essere una “guida audace e compassionevole”. Quando gli chiedo se ha avuto l’impressione di essere un buon pastore per il suo gregge mi risponde: “Mi sono sentito pastore, pecora, intrattenitore, consigliere, consolatore, orecchio che ascolta, incapace di ascoltare anche solo una persona di più, pieno di dubbi, guida, Mosè, Giosuè… immaginate il ruolo che volete, io l’ho probabilmente interpretato a un dato momento. Ma in diciassette anni di ministero non mi sono mai sentito così pastore come in questo periodo”. Clifford è cresciuto in una parrocchia del sud degli Stati Uniti alla fine degli anni ’60, è stato testimone di discorsi razzisti ma è convinto che nella Chiesa di Cristo non sia possibile permettere al colore della pelle di essere fonte di separazione. E lo afferma dall’alto del pulpito.
Durante questo processo le due parrocchie si sono a più riprese incontrate per il culto e si sono rese conto di avere molti più punti in comune di quante siano le loro differenze. La fusione ha quindi avuto luogo il 4 gennaio scorso e i due luoghi di culto sono pieni. I fedeli dell’ex Ridgewood Baptist Church sono diventati membri della Shiloh Metropolitan Baptist Church e assistono ai culti organizzati nei due templi. Charles Jr predica e Clifford si è unito al gruppo di pastori suoi collaboratori: è incaricato della catechesi e di un programma di studi biblici per adulti. È cosciente della carica simbolica di questa fusione e risponde volentieri alle numerose sollecitazioni dei media. Assieme a Chalres Jr sa bene che un intero paese li sta a guardare e spera che la fusione abbia un impatto positivo sulle relazioni tra Neri e Bianchi. Afferma di non vedere il colore “bensì la fraternità permessa da Cristo” e quando gli chiedo quali difficoltà deve affrontare in una comunità costituita da Neri e Bianchi, risponde che la Chiesa primitiva era così, anch’essa composta di persone provenienti da nazioni ed etnie differenti. I giudei e i pagani di allora stavano insieme nella medesima Chiesa di Cristo; oggi, Neri e Bianchi sono riuniti nella medesima Chiesa di Cristo.
Sì, le vite nere contano, ma poco conta il colore della pelle: Cristo è là dove uomini audaci fanno vivere la sua parola. Lontano dagli slogan effimeri, Charles Jr e Clifford sono testimoni di quell’Evangelo che fa dell’altro il nostro fratello.
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