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Poiché siamo stati salvati in speranza (Romani 8:24)

Di Henri Persoz

Henri Persoz è ingegnere in pensione. Alla fine della sua carriera ha intrapreso gli studi completi di teologia che gli hanno permesso di difendere, ancora meglio di quanto già non facesse, il suo approccio molto liberale al cristianesimo.

Traduzione di Giacomo Tessaro

I passi biblici sono tratti dalla versione Nuova Riveduta

Tratto da Évangile et Liberté n° 299, maggio 2016

Nella Bibbia ebraica la speranza è fiducia incrollabile nell’aiuto di Dio, che protegge il suo popolo e lo salva dai pericoli. Speranza di una posterità da parte di Abraamo, della liberazione dalla schiavitù egizia o babilonese; speranza della terra promessa etc. La speranza accompagna l’esodo che permette di attraversare i deserti e le prove della vita. A partire dall’epoca delle occupazioni greca e romana, la situazione di Israele era talmente disperata che non rimaneva che attendere speranzosi l’invio del Messia e l’instaurazione sulla terra di un Regno di pace e prosperità.

L’apostolo Paolo ha conosciuto questi tempi difficili e la speranza nel Regno predicata dai Farisei: “Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo” scrive ai Romani. Poi precisa: “Poiché siamo stati salvati in speranza”. Frase ammirabile, che se ne infischia del trascorrere del tempo. “Siamo stati salvati” è una frase al passato ma, poiché parla di speranza, parla del futuro. La salvezza è dietro di noi, ma in realtà ci sta davanti. Siamo stati salvati, ma non lo siamo ancora. La salvezza sta nella fragilità del tempo, è una speranza nel futuro frutto della storia passata, frutto del popolo giudaico, che ha sempre avuto fiducia nel suo Dio, frutto di quel Gesù che ha pronunciato le parole liberatrici.

Veniamo ai vangeli, che di speranza non parlano, quando tutto il mondo giudaico dell’epoca di Gesù si piegava sotto la durezza dell’occupazione romana e sperava solamente nella venuta del Messia, che avrebbe portato la pace e la prosperità per sempre. Tale speranza si concretizzava nell’attesa del Regno di Dio, che effettivamente trova molto spazio nella predicazione di Gesù, il quale però ne trasforma radicalmente la comprensione: per lui il Regno non è qualcosa da attendere e sperare ma da costruire, da far venire. Il Regno è affidato agli uomini, è qui, si avvicina a noi quando abbiamo capito che dobbiamo collaborare con Dio per salvare il mondo. La speranza dei Giudei era un’attesa fiduciosa; Gesù ci coinvolge in questa azione fiduciosa. “Cercate piuttosto il Regno di Dio e la sua giustizia”: dobbiamo andarcelo a cercare questo Regno, partecipare alla sua costruzione. Il tempo dell’attesa è terminato: ora dobbiamo passare all’azione. Il Regno di Dio non verrà a un bel momento, quando Dio deciderà di inviare il suo Messia per mettere ordine nel mondo; sarà invece il risultato di una trasformazione progressiva del mondo che devono intraprendere gli uomini, avendo fiducia in Dio e mettendo in pratica la sua Parola.

Oggi, con tutti i problemi che stanno davanti ai nostri occhi, fatichiamo a veder avanzare questa trasformazione progressiva in grado di portarci verso un mondo migliore. Forse questo suona come la sconfitta di un certo cristianesimo, troppo interessato ai dogmi e alle dottrine e non abbastanza al comandamento dell’amore.

Tuttavia, anche se il termine non è utilizzato, la speranza si trova ovunque nei vangeli. Guardate, dice Gesù, “i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano”… l’impossibile è diventato possibile. “Se avete fede quanto un granello di senape, potrete dire a questo monte: ‘Passa da qui a là’, e passerà” (Matteo 17:20); la fede moltiplica le forze, dà coraggio e iniziativa, inventa sentieri nuovi. Abbiamo buone ragioni di sperare quando vediamo tante buone volontà all’opera, all’aiuto dei più sfortunati, e di dire ai potenti che bisogna organizzare la solidarietà.

La speranza nascosta nei vangeli ci dice che Dio e il suo Regno vengono ogni volta che si mette in pratica la solidarietà nel mondo, nel nostro Paese, nella nostra Chiesa, nel nostro condominio, nella via in cui abitiamo, sul nostro luogo di lavoro. Non bisogna disperare davanti a quei gesti che costituiscono segni discreti del Regno che viene.

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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